Tavola Rotonda “La Scuola Ti Ascolta”
Martedì 20 maggio, presso il Centro “Città dei Papi” di Savona, si è tenuta una tavola rotonda dal titolo “La scuola ti ascolta… Esperienze e Testimonianze”, promossa dalla Fondazione De Mari con il patrocinio del Comune di Savona. L’evento ha rappresentato il momento conclusivo del progetto A.S.S.O. (Azioni per una Scuola che Sostiene e Orienta) e della prima parte del progetto S.P.E.S. (Scuola che Promuove e Sostiene), due percorsi che mettono al centro la scuola come presidio educativo e comunità capace di prevenire, accompagnare e sostenere il benessere dei giovani.
Durante l’incontro è emerso con forza come il mondo della scuola sia oggi attraversato da sfide profonde e complesse. I segnali di disagio giovanile sono sempre più diffusi e diversificati: ansia, depressione, ritiro sociale, aggressività. Il professor Eugenio Dario Nicoli ha parlato chiaramente di una “crisi educativa” che si manifesta nella fatica a motivare, nell’incapacità di mantenere l’attenzione, e in una fragilità diffusa del patto educativo. “I ragazzi sono fragili”, ha detto, “perché intorno a loro ci sono adulti smarriti”. In questo contesto, il ruolo degli educatori si fa più che mai centrale, non solo nella trasmissione dei contenuti ma soprattutto nell’essere una presenza significativa, capace di ascolto e relazione.
La professoressa Paola Crispi Lazzati ha dipinto un quadro eloquente di genitori ipercoinvolti ma spesso disorientati: “Presissimi, attentissimi, contentissimi”, ma sovraccarichi, spesso privi del tempo e dell’equilibrio emotivo necessario per stare accanto ai figli in modo autentico. lo psicologo Matteo Lima ha collegato questo disagio a un più ampio quadro culturale: viviamo, ha osservato, in una società che propone una visione neoliberista della vita, in cui competizione, prestazione e successo individuale diventano ideali assoluti, schiacciando il valore del percorso, del fallimento, della collaborazione.
In questo clima, la psicologa Valentina Bigatto ha messo in luce il ruolo cruciale degli sportelli d’ascolti attivati presso il Liceo scientifico “O.Grassi” di Savona e l’Istituto Comprensivo “N. Mandela” di Varazze. “I ragazzi sanno cogliere questi spazi”, ha affermato, riferendosi alla sorprendente frequenza con cui gli studenti li hanno utilizzati. Tuttavia, ha anche fatto notare che l’interazione con insegnanti e genitori è stata minore, segnalando la necessità di un coinvolgimento più ampio della comunità adulta. Lo sportello non si limita a raccogliere disagi scolastici, ma si fa carico anche di problematiche familiari e personali, mostrando quanto i confini tra scuola e vita privata siano oggi sempre più labili. La scuola, quindi, non può più considerarsi un luogo neutro o chiuso, ma deve diventare uno spazio di accoglienza a tutto campo.

Nel lavoro di orientamento con le classi quinte liceali, Valentina ha riscontrato una forte ansia legata alla scelta post-diploma, spesso proiettata dalle aspettative adulte. “È un’ansia che arriva da fuori”, ha spiegato, “una richiesta adulta travestita da decisione personale”. I tempi serrati della burocrazia universitaria, i meccanismi di selezione, il senso di inadeguatezza generato da un futuro percepito come ostile: tutto questo pesa sulle spalle di ragazzi poco più che diciottenni.
Anche i laboratori per genitori promossi all’interno delle scuole dell’infanzia e primaria hanno rappresentato un tassello prezioso del progetto. Coordinati da Suor Francesca, Renato Procopio e Paola Crispi Lazzati, questi incontri hanno coinvolto gruppi ristretti ma motivati – una ventina di genitori per corso – in un percorso di riflessione condivisa. Al centro, il confronto sulle regole, la negoziazione, la gestione delle situazioni quotidiane, ma anche il riconoscimento delle emozioni e dei limiti. Questi laboratori, definiti “una piccola comunità educante” e un esempio concreto di “prevenzione”, dimostrano quanto sia fondamentale accompagnare le famiglie, senza giudizio ma con strumenti concreti.
Il professor Nicoli ha voluto ricordare Don Lorenzo Milani, sottolineando che la domanda educativa non è “come si fa”, ma “come si deve essere”. È l’atteggiamento dell’educatore, prima ancora delle tecniche, a fare la differenza. L’educazione – ha insistito – è una questione di postura, di sguardo, di presenza, e non solo di contenuti. A questa riflessione si è aggiunta quella di Renato Procopio, che ha evocato il sistema preventivo di Don Bosco, fondato sulla relazione, sull’osservazione attenta e sull’intervento precoce, in netta contrapposizione a metodi sanzionatori o repressivi. Un modello, quello salesiano, che oggi più che mai può offrire ispirazione.

Ma la tavola rotonda non si è fermata all’analisi. Sono emerse con chiarezza anche direzioni da percorrere. In primis, il sostegno concreto a progetti come “La Scuola ti Ascolta”, resi possibili grazie al contributo della Fondazione De Mari e al lavoro congiunto di enti, scuole, professionisti. Si è ribadita l’importanza della verticalità e dell’orizzontalità nelle relazioni tra scuole e tra scuole e territorio, così come la necessità di rafforzare la comunità educante, creando legami solidi tra adulti di riferimento.
Si è parlato di ampliare gli spazi di ascolto, di dare voce ai giovani non solo come destinatari ma come protagonisti, di investire nella formazione degli insegnanti e nella pluralità delle tecniche didattiche. Dare valore ai successi, rimettersi in gioco come adulti, sostenere i genitori nei loro percorsi, riscoprire il tempo lento, l’arte dell’ascolto, la gestione del conflitto, l’assertività, l’educazione emotiva.
Infine, è stato ribadito il valore insostituibile della cultura e della relazione educativa. Gli insegnanti possono appassionare i ragazzi se trasmettono amore per ciò che insegnano. E se è vero – come ricordava Nicoli– che il soggetto umano è imprevedibile, allora è proprio in questa imprevedibilità che risiede il suo valore più profondo. Non dobbiamo averne paura, ma accoglierla come una sfida e una possibilità di crescita, per loro e per noi.

In conclusione, l’incontro del 20 maggio è stato un invito chiaro: ad ascoltare, a collaborare, a ripensare l’educazione come un’impresa collettiva. Una scuola che ascolta è già una scuola che cura. Ed è da lì che si può ripartire.